Fondi immobiliari effetti spending review

di Redazione Commenta

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La spending review avrebbe avuto effetti anche sui fondi immobiliari. Stando a quanto afferma un approfondimento condotto da Michela Finizio sulle pagine online di Casa 24, il magazine immobiliare de Il Sole 24 Ore, che riporta, in parte, le considerazioni sviluppate dall’istituto di ricerca Nomisma, in un report pubblicato in esclusiva da Quotidiano Immobiliare, qualcosa si starebbe muovendo nell’enorme macchina della gestione degli asset destinati a uffici pubblici, all’interno dei portafogli comuni di investimento, che determinano canoni di locazione per oltre 350 milioni di euro.

“Si tratta di una componente rilevante” – ricorda il giornalista de Il Sole 24 Ore – “pari a circa il 10% del valore immobiliare complessivo. Il ritardo con cui spesso le amministrazioni corrispondono gli importi dovuti rappresentano già un elemento di tensione per il conto economico dei veicoli e un ostacolo alle operazioni di fusione al vaglio oggi di molte Società di gestione del risparmio (Sgr). In questo quadro poi si inserisce la volontà del Governo di rivedere al ribasso i canoni in essere, che garantiscono di fatto una redditività decisamente lusinghiera. Nomisma calcola un rendimento immobiliare medio lordo del 7,86% dell’intero patrimonio dato in uso alle pubbliche amministrazioni o sfitto ma con destinazione uffici pubblici o caserme (un portafoglio detenuto da fondi comuni di investimento immobiliare pari a oltre 4,52 miliardi di euro”.

Ricordiamo come la spending review preveda, in merito, la prospettiva di una riduzione di almeno 15 punti percentuali dei canoni alla scadenza dei contratti di affitto in essere: una stima che potrebbe rappresentare una preoccupazione per i fondi immobiliari, poiché – sottolinea in proposito Nomisma – “se per mera ipotesi tale riduzione venisse applicata istantaneamente all’intero monte canoni attuale, si determinerebbe un abbattimento della redditività lorda da locazione di oltre un punto percentuale. Quindi da 7,86% a 6,68 per cento”, con ciò che ne conseguirebbe sui rendimenti finali degli investitori.

Torneremo sull’argomento anche nel corso dei prossimi mesi.

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