Affitti con la cedolare secca: appello organizzazioni al Parlamento

di Redazione Commenta

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In vista dell’esame al Senato della manovra economica, nei giorni scorsi le organizzazioni della proprietà immobiliare, ed in particolare la Confedilizia, Unioncasa, Asppi e Appc sono tornare a farsi sentire lanciando un appello alla politica affinché sia introdotta su tutto il territorio nazionale, in materia di contratti di locazione, la cosiddetta “cedolare secca”, ovverosia l’imposta sostitutiva che i proprietari delle case pagherebbero sugli incassi da locazione in ragione di un‘aliquota al 20%.

Confedilizia, Unioncasa, Asppi e Appc, in merito, hanno infatti sottolineato come tra le diverse centinaia di emendamenti ci siano anche quelli sull’introduzione della cedolare secca, una misura fiscale che, tra l’altro, come mettono in evidenza proprio le organizzazioni della proprietà immobiliare, si trovava negli ultimi programmi elettorali delle forze politiche di centrodestra e di centrosinistra.

Questo significa che la politica introducendo la cedolare secca non farebbe altro che mantenere le promesse nell’ambito di un’approvazione della misura che potrebbe così essere condivisa, trasversale e, come si dice in gergo politico, “bipartisan”. Ma quale deve essere la copertura finanziaria da associare alla possibile approvazione della cedolare secca sugli affitti?

Ebbene, in merito Confedilizia, Unioncasa, Asppi e Appc sottolineano all’unisono come la tassazione dei canoni di locazione con l’imposta sostitutiva si andrebbe a finanziare da sola grazie all’emersione nel mercato legale degli affitti che attualmente sono in nero. Di contro, secondo le organizzazioni della proprietà immobiliare, che rappresentano gli interessi sia dei proprietari delle case, sia degli investitori istituzionali del settore, la mancata introduzione della cedolare secca non farebbe altro che aggravare una situazione caratterizzata nel nostro Paese da un mercato dell’affitto che da tempo necessita di un rilancio. Attualmente, lo ricordiamo, la cedolare secca c’è nel nostro Paese, limitatamente alla sola Regione Abruzzo, a favore delle popolazioni colpite dal sisma dello scorso 6 aprile 2009, ma in via sperimentale e per una durata pari ad appena un anno.

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