Conviene il passaggio dal variabile al fisso?

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La domanda che vogliamo porci oggi, grazie anche a un recente intervento dell’Adusbef di cui tra breve vi daremo conto, è: conviene richiedere il passaggio dal tasso variabile al tasso fisso del proprio mutuo? La risposta potrebbe essere positiva: l’articolo 8, comma 6, della legge 106 del 2011, permette infatti a tutti i titolari di mutuo a tasso variabile, stipulati come mutuo per acquisto o per ristrutturazione, di ottenerne la trasformazione in tasso fisso entro il 31 dicembre 2012, in maniera del tutto gratuita, senza spese aggiuntive.

Per poter beneficiare di tale opportunità, il mutuatario deve tuttavia aver acceso il mutuo anteriormente all’entrata in vigore del decreto 70 del 14 maggio 2011, successivamente convertito in legge; deve esser titolare di un mutuo non superiore a 200 mila euro; deve avere un reddito equivalente ISEE non superiore ai 35 mila euro; non deve essere titolare di situazioni di morosità.

Per quanto concerne il nuovo tasso di interesse fisso applicato, Mauro Novelli – segretario dell’Adusbef – ci dice come questo debba essere inferiore a quello che si ottiene in base al minore tra l’IRS a 10 anni e l’IRS pari alla durata residua del mutuo. Lo spread applicato all’IRS deve essere quello applicato in precedenza al tasso di interesse variabile.

Proprio questo ultimo dettaglio potrebbe comportare estremi vantaggi in capo al mutuatario: gli spread oggi applicati dagli istituti di credito sono notevolmente superiori a quelli applicati pochi anni fa. Vincolando il passaggio da variabile a fisso del tasso di interesse applicato al mutuo, pertanto, il mutuatario potrà beneficiare delle condizioni di onerosità precedentemente applicate.

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“E’ evidente che” – sostiene Novelli – “se si prevede che in futuro i tassi risulteranno in crescita (come è molto probabile, aggiungiamo noi , ndr), definire un tasso fisso a questo livello risulterà molto vantaggioso. Al contrario, se i tassi dovessero restare fermi o diminuire”.

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