Imu più cara per chi affitta

di Redazione Commenta

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L’imposta municipale unica rischia di costare caro a chi affitta gli immobili. Stando a quanto riscontrato con l’acconto 2012, infatti, sono previsti importanti incrementi di imposta (fino al 40 per cento) per quanto concerne i contratti di locazione liberi in alcune delle principali aree immobiliari nazionali (come Venezia e Napoli) e i contratti concordati (Napoli e Campobasso).

Sommando gli incrementi previsti per il 2013 con quelli già sperimentati nel corso del precedente 2012, si arriva a generare degli sviluppi di onerosità monstre: per quanto ad esempio concerne Milano, l’aumento è arrivato a toccare addirittura il 208 per cento per i contratti a canone libero. Ancora peggio a Venezia, dove l’incremento appare addirittura impietoso per poter essere riferito.

Stando a quanto affermato dall’Ufficio studi di Confedilizia, le ragioni di questo rincaro sono da ricercarsi nella struttura di applicazione delle aliquote, visto e considerato che mentre per l’acconto dell’imposta municipale unica 2012 la legge chiedeva l’applicazione dell’aliquota di base del 7,6 per mille, nel 2013 dovranno essere applicate le aliquote stabilite dai Comuni nel 2012, con livelli di norma ben superiori allo standard (abbiamo parlato diverse volte, nelle ultime settimane, dell’Imu e delle sue potenziali evoluzioni: vediamo dunque in questo articolo come cambierà l’Imu nel 2013).

Sempre per Confedilizia, l’impatto dell’imu sarebbe “particolarmente grave” per gli immobili locati con contratti concordati, a canone calmierato e destinati alle persone meno abbienti: per costoro, sono previsti aumenti che arrivano mediamente al 40 per cento, in aggiunta agli aumenti già riscontrati nel passaggio tra l’imposta municipale unica e l’imposta comunale sugli immobili.

Non mancano, infine, i comuni che hanno optato per uno “sconto” ripsetto all’anno scorso. A Bari, ad esempio, il calo dell’aliquota è stato pari a 3,6 punti percentuali, garantendo così una flessione dell’imposta del 47 per cento. A Roma invece l’aliquota sale al 10,9 per mille, con un incremento che può ben spingersi oltre il 35 per cento.

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